La sostenibilità dei biocarburanti
Pier Giuseppe Polla - AIDIC - Associazione Italiana Di Ingegneria Chimica
I biocarburanti rappresentano una delle soluzioni più discusse per la decarbonizzazione del settore dei trasporti, prodotti da biomasse, offrono un'alternativa ai combustibili fossili, ma la loro sostenibilità è oggetto di dibattito a causa delle implicazioni ambientali, economiche e sociali. Con questo articolo cerco di analizzare i vantaggi e le criticità dei biocarburanti, con un focus sulle politiche europee e sulle prospettive future, focalizzando l'attenzione sui biocarburanti liquidi, cioè i sostituti del gasolio minerale e della benzina.
I biocarburanti si suddividono in:
- Prima generazione: derivati da colture alimentari come mais, canna da zucchero e oli vegetali (colza soja palma e molti altri).
- Seconda generazione: ottenuti da residui agricoli, forestali e rifiuti organici.
- Terza generazione: basati su alghe e microrganismi, ancora in fase sperimentale.
I volumi di produzione e consumo di biocarburanti in Europa sono in crescita come riportato nella tabella nel PDF.
La sostenibilità varia significativamente tra queste categorie, con i biocarburanti avanzati (seconda e terza generazione) generalmente considerati più sostenibili, riducendo le emissioni di CO2 fino all'88% rispetto ai combustibili fossili.
L'uso di rifiuti e sottoprodotti come materie prime contribuisce alla riduzione dei rifiuti e al recupero energetico favorendo l'economia circolare.
Nonostante i vantaggi dei biocarburanti, specialmente in termini di riduzione delle emissioni di gas serra nei settori hard-to-abate, è fondamentale analizzare anche gli impatti negativi, in particolare per quanto riguarda quelli di prima generazione.
L'espansione delle culture per produrre biocarburanti come mais, grano, soia, colza, canna da zucchero e palma, che sono anche destinate al consumo umano e zootecnico, possono causare un aumento dei prezzi dei generi alimentari a causa della riduzione dell'offerta destinata all'alimentazione con conseguenza di rischi per la sicurezza alimentare, in particolare nei Paesi in via di sviluppo, dove la domanda di terre coltivabili è alta e l'approvvigionamento alimentare è già fragile.
Un esempio concreto: l'aumento dell'uso di mais per l'etanolo negli USA ha avuto effetti misurabili sui prezzi internazionali del mais, con implicazioni globali sulla sicurezza alimentare.
Accaparramento di terre (land grabbing) da parte di investitori internazionali, che può escludere le comunità locali dall'accesso alle risorse è un altro fattore negativo della espansione dei biocarburanti parzialmente controbilanciato dalla creazione di post di lavoro per la coltivazione.
Altro aspetto da considerare è l'impatto sulla biodiversità: la conversione di foreste e altri ecosistemi naturali in terreni agricoli per la produzione di biocarburanti può causare perdita di biodiversità.
Vorrei fare un piccolo commento sul problema della deforestazione che molte volte viene attribuita erroneamente ai soli biocarburanti, l'espansione di culture e piantagioni (esempio la soia in Brasile), con conseguenza della deforestazione, è dovuta alla forte domanda di farina per alimentazione animale conseguenza di allevamenti intensivi dovuto all'aumento di consumo di carne da parte della popolazione umana.
In questo caso l'olio, che per la soia è pari al 20% del peso totale è può essere considerato un sottoprodotto, la stessa cosa vale per la coltivazione della colza in tutto il nord Europa.
Il cambiamento dell'uso del suolo può annullare i benefici climatici dei biocarburanti, un fenomeno noto come ILUC (Indirect Land Use Change).
Anche quando i biocarburanti sembrano "carbon neutral" in termini di bilancio diretto, le emissioni indirette legate al cambiamento d'uso del suolo (ILUC) possono annullare o addirittura superare i benefici ambientali.
Quando si convertono terre coltivate a fini alimentari per produrre biocarburanti, la produzione alimentare si sposta altrove.
Questo spostamento può indurre nuove deforestazioni o conversioni di aree naturali, generando grandi quantità di CO2 (es. rilascio di carbonio da torbiere indonesiane o foreste amazzoniche).
L'Unione Europea ha adottato diverse direttive per promuovere i biocarburanti sostenibili:
- RED II: stabilisce criteri di sostenibilità e introduce un phase-out dei biocarburanti ad alto rischio ILUC, come quelli derivati dall'olio di palma, entro il 2030.
- ReFuelEU Aviation: obbliga i fornitori di carburanti per l'aviazione a garantire una quota minima di carburanti sostenibili a partire dal 2025, con un aumento progressivo fino al 2050.
Continua nel PDF
- Prima generazione: derivati da colture alimentari come mais, canna da zucchero e oli vegetali (colza soja palma e molti altri).
- Seconda generazione: ottenuti da residui agricoli, forestali e rifiuti organici.
- Terza generazione: basati su alghe e microrganismi, ancora in fase sperimentale.
I volumi di produzione e consumo di biocarburanti in Europa sono in crescita come riportato nella tabella nel PDF.
La sostenibilità varia significativamente tra queste categorie, con i biocarburanti avanzati (seconda e terza generazione) generalmente considerati più sostenibili, riducendo le emissioni di CO2 fino all'88% rispetto ai combustibili fossili.
L'uso di rifiuti e sottoprodotti come materie prime contribuisce alla riduzione dei rifiuti e al recupero energetico favorendo l'economia circolare.
Nonostante i vantaggi dei biocarburanti, specialmente in termini di riduzione delle emissioni di gas serra nei settori hard-to-abate, è fondamentale analizzare anche gli impatti negativi, in particolare per quanto riguarda quelli di prima generazione.
L'espansione delle culture per produrre biocarburanti come mais, grano, soia, colza, canna da zucchero e palma, che sono anche destinate al consumo umano e zootecnico, possono causare un aumento dei prezzi dei generi alimentari a causa della riduzione dell'offerta destinata all'alimentazione con conseguenza di rischi per la sicurezza alimentare, in particolare nei Paesi in via di sviluppo, dove la domanda di terre coltivabili è alta e l'approvvigionamento alimentare è già fragile.
Un esempio concreto: l'aumento dell'uso di mais per l'etanolo negli USA ha avuto effetti misurabili sui prezzi internazionali del mais, con implicazioni globali sulla sicurezza alimentare.
Accaparramento di terre (land grabbing) da parte di investitori internazionali, che può escludere le comunità locali dall'accesso alle risorse è un altro fattore negativo della espansione dei biocarburanti parzialmente controbilanciato dalla creazione di post di lavoro per la coltivazione.
Altro aspetto da considerare è l'impatto sulla biodiversità: la conversione di foreste e altri ecosistemi naturali in terreni agricoli per la produzione di biocarburanti può causare perdita di biodiversità.
Vorrei fare un piccolo commento sul problema della deforestazione che molte volte viene attribuita erroneamente ai soli biocarburanti, l'espansione di culture e piantagioni (esempio la soia in Brasile), con conseguenza della deforestazione, è dovuta alla forte domanda di farina per alimentazione animale conseguenza di allevamenti intensivi dovuto all'aumento di consumo di carne da parte della popolazione umana.
In questo caso l'olio, che per la soia è pari al 20% del peso totale è può essere considerato un sottoprodotto, la stessa cosa vale per la coltivazione della colza in tutto il nord Europa.
Il cambiamento dell'uso del suolo può annullare i benefici climatici dei biocarburanti, un fenomeno noto come ILUC (Indirect Land Use Change).
Anche quando i biocarburanti sembrano "carbon neutral" in termini di bilancio diretto, le emissioni indirette legate al cambiamento d'uso del suolo (ILUC) possono annullare o addirittura superare i benefici ambientali.
Quando si convertono terre coltivate a fini alimentari per produrre biocarburanti, la produzione alimentare si sposta altrove.
Questo spostamento può indurre nuove deforestazioni o conversioni di aree naturali, generando grandi quantità di CO2 (es. rilascio di carbonio da torbiere indonesiane o foreste amazzoniche).
L'Unione Europea ha adottato diverse direttive per promuovere i biocarburanti sostenibili:
- RED II: stabilisce criteri di sostenibilità e introduce un phase-out dei biocarburanti ad alto rischio ILUC, come quelli derivati dall'olio di palma, entro il 2030.
- ReFuelEU Aviation: obbliga i fornitori di carburanti per l'aviazione a garantire una quota minima di carburanti sostenibili a partire dal 2025, con un aumento progressivo fino al 2050.
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Fonte: La Termotecnica maggio 2025
Settori: Ambiente, Analisi, abbattimento e Controllo emissioni, Bioenergia, Biomasse, Combustibili, Efficienza energetica industriale, Rinnovabili, Termotecnica industriale
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